"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 


n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

48.  Trappole per troppi topi

 


Ofelia: Il re s’alza!

Re: Interrompete il dramma!

(Atto III, sc. 2)

 

«Fate di meglio ancora: date gli spettatori in spettacolo; trasformateli in attori.»

(J. J. ROUSSEAU, Lettera a d’Alembert)

 

«La regia propriamente detta e le evoluzioni degli attori dovranno essere considerate solo come I segni visibili di un linguaggio invisibile o segreto.»

(A. ARTAUD, Il teatro e il suo doppio)

 

 

Nella recita dell’Assassinio di Gonzago, la trappola con cui Amleto vuol «catturare la coscienza del re» (Atto III, sc. 2), “un certo Luciano”, spiega proprio Amleto al re, “nipote del re” viene ad avvelenarlo. Appunto: «dopo tutto, la «commedia-in-gabbia» mostra un nipote che uccide lo zio, non un usurpatore che uccide il re, suo fratello» (N. Frye, Shakespeare, Torino 1990)… Se l’azione è proprio quella che narrò ad Amleto lo Spettro – il veleno nell’orecchio! -, il rapporto di parentela nel play within the play è quello che corre tra Amleto figlio e Claudio, non la fratellanza che unisce Claudio e Amleto padre. Dunque: cosa vede Claudio, vedendo un nipote che avvelena suo zio? Lui quando uccise Amleto o Amleto che ucciderà lui? Entrambi?

 

«Bisogna che sappia o che muoia! O c’è sotto un delitto o sono un pazzo. Non rimane che scoprire la verità. Un marito tradito? Che importa, perché lo sappia, per potermi salvare con una risata nera! E’ questo il punto. Sapere. E a tale scopo farò un’indagine approfondita, discreta, scientifica…» (A. Strindberg, Diario di un pazzo)

 

 

«Smetti d’investigare!» implorò dall’altra parte del tempo Giocasta a Edipo (Sofocle, Edipo Re). Lo stesso, a loro modo, fanno le due donne di Amleto, Ofelia e Gertrude.  Per questo saltiamo avanti: Amleto ha appena ucciso Polonio.

Regina: Ohimè, che hai fatto? – Amleto: Mah, io non lo so; è il re? – Regina: Oh, che temeraria e sanguinosa azione è questa! – Amleto: Una sanguinosa azione! quasi quanto cattiva, mia buona madre, come uccidere un re e sposarne il fratello. – Regina: Come uccidere un re! – Amleto: Sì, signora, questa è la mia parola [Solleva l’arazzo e scopre Polonio].

 

Come si vede, la mamma trasecola e si fa ecolalica, ma niente di più. Del resto l’azione è concitata. Ma Amleto non presenta prove, e neppure accenna alla «trappola»: dice «questa è la mia parola»… dopo di che, per una lunghissima parte, tralasciato subito il cadavere di Polonio («il budellame») Amleto assalta la madre di nuovo, ma non per l’omicidio, ma per il fatto in sé d’aver sposato il pessimo Claudio dopo l’ottimo Amleto («Avete voi occhi?»).

 

E allora pare perfino che Amleto, «istericamente soddisfatto»  (N. D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto, Milano 2004), si convinca della colpa di Claudio per impazienza, per stanchezza d’attesa (pare che accada anche nei migliori processi): trovare è la stanchezza del cercare, sapeva benissimo Valéry, e quindi anche Amleto cerca di finire «la ricerca della menzogna, di ogni menzogna che induca ad agire» (E. M. Cioran, La tentazione di esistere).

 

 

Alla trappola di Amleto, corrisponde simmetrica «la trappoliera» di Claudio: il viaggio in Inghilterra con Rosencrantz e Guildenstern per guide: Amleto ha capito tutto e, dicendolo alla madre, pare proprio che parli di Will Coyote: «Lasciate fare; perché è uno spasso vedere l’ingegnere andare in aria per il suo proprio petardo; e sarà proprio una disdetta se io non scaverò d’un metro sotto alle loro mine, e li farò saltare fino alla luna; oh, è cosa assai dolce, quando due trame direttamente s’incontrano su una stessa linea» (Atto III, sc. 4).

 

Ma pura hybris è delirare un controllo sull’infinito imponderabile dei fatti - «the whole galaxy of events» (J. Joyce, Ulisse) - che a cascata si scatena già per il volo leggero d’un passero: perfino lì, infatti, una «speciale provvidenza»(Atto ……..). - Così neppure l’ultima di Claudio funzionerà se non catastroficamente: «io lo indurrò ad una impresa ora matura ne’ miei disegni…» (Atto IV, sc. 7), e infatti Laerte si dirà «come una beccaccia nella mia stessa trappola» (Atto V, sc. 2). Alla fine, per tutti saranno stati solo «propositi mal compresi, ricaduti sui capi dei loro inventori» (Atto V, sc. 2).

 


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