"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 12, settembre 2007

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 

 

25. Sonetto 66

 

 

 

 



 

Azzardiamo una traduzione in alessandrini variamente rimati di un sonetto che da sempre richiama l’Essere o non essere che tutti, come i “classici” secondo il Dizionario dei luoghi comuni di Flaubert, credono di conoscere:

 

Stanco di tutto questo, morte quieta imploro,

se vedo il pregio onesto nato senza decoro,

e felice e agghindata l’insulsa nullità,

E la fede più pura subire slealtà,

 

E l’onore dorato agli infami spacciato,

E la pura virtù trascinata a puttana,

e ciò ch’è fatto bene subire la buriana,

E la forza svilita da una storpia potenza,

 

E l’arte resa muta da chi tiene licenza

E la dotta follia mettere sotto il genio,

E l’evidenza immota spacciata per idiota,

E il bene incarcerato dal male suo capestro. 

 

Stanco di tutto questo, vorrei da questo andare

Se, morto,  non dovessi il mio amore lasciare.[1]

 

«Sonetto che si presenta nella forma inconsueta di un lungo catalogo di mali e di ingiustizie sociali, da cui il poeta vorrebbe fuggir via (…). Indubbia la somiglianza con la grande lamentela esistenziale che si incontra nel celebre «essere o non essere» di Amleto, III. i. 56-90. va detto, infine, che questo sonetto apre un gruppo di componimenti, che si estende fino al sonetto 70, in cui l’attenzione è volta, da varie angolature, al problema del male sociale come scompenso istitutivo della stessa cultura umana, in cui le apparenze la vincono sulle essenze, gli artifici sulle doti naturali, il trucco sulla bellezza, e la falsità sulla sincerità. E’, questo, un grande tema, non solo di Shakespeare, ma di tutta l’epoca inquieta, profondamente turbata dalla perdita di una visione unificante e simbolica, e quindi dalla messa in questione di ogni corrispondenza fra il “dentro” e il “fuori”, fra il mondo e la trascendenza, e quindi fra la verità e la mistificazione, fra il valore e l’inganno, e in definitiva fra l’essere e il sembrare

(A. Serpieri, nota in W. Shakespeare, Sonetti, Milano1995)


[1] Tired with all these, for restful death I cry,

As to behold desert a beggar born,

And needy nothing trimm'd in jollity,

And purest faith unhappily forsworn, 

And gilded honour shamefully misplac'd,

And maiden virtue rudely strumpeted,

And right perfection wrongfully disgrac'd,

And strength by limping sway disabled 

And art made tongue-tied by authority,

And folly, doctor-like, controlling skill,

And simple truth miscall'd simplicity,

And captive good attending captain ill: 

Tir'd with all these, from these would I be gone,

Save that, to die, I leave my love alone.  


Fiornando Gabbrielli propone una traduzione ben diversa:

Stanco di tutto io grido: meglio morto,

Che vedere chi merita umiliato,

E uno zero assoluto lindo e pinto,

E la più pura fede spergiurata,

 

E turpe mercimonio d’alti onori,

E vergine virtù prostituita,

E onestà ingiustamente screditata,

E valore che un capo storpio mutila [1],

 

E genio imbavagliato dal potere,

E follia che a saggezza tasta il polso [2],

E sincerità presa per scempiaggine,

E Bene servo a capitano Male.

 

Stanco di tutto, a tutto darei addio,

Se non lasciassi solo l’amor mio.


 


[1] “E il valore mutilato da un potere storpio”. Ho pensato all’ambiente militare, al superiore per nascita invidioso del superiore per merito.

[2] Il significato di controlling è spiegato da doctor-like: è un controllo medico. Skill è piuttosto mestiere, professionalità, diremmo oggi.

 


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