"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 10, maggio 2005

 


  Degas Danza Disegno di Paul Valéry

 

 

14.  Il piacere di Heisenberg

 

 

 


 

“Il piacere, insomma, esiste sono nell’istante, e non vi è 

nulla di più individuale, di più incerto, 

di più incomunicabile” 

(P. Valéry, La caccia magica). 

 

Gli individui “godono come possono e di ciò che possono, e la malizia della sensibilità è infinita” (La caccia magica). - Lo stesso si leggerà, in tempi di ubriacature ideologiche e pedagogiche ancora forti proterve e spocchiose, in Roland Barthes, che seppe riconoscere - inedito dell’edito! - la “natura asociale del piacere(R. BARTHES, Il piacere del testo), il quale piacere “non è un elemento del testo, non è un residuo ingenuo; non dipende da una logica dell'intendimento e della sensazione, - è una deriva, qualcosa che è insieme rivoluzionario e asociale e non può essere adottato da nessuna collettività, nessun idioletto. Qualcosa di neutro? E’ evidente che il piacere del testo è scandaloso: non perché è immorale ma perché è atopico(ib.).

Senza il piacere, del resto, niente: è lui che stimola l'intelligenza, la sfida, le fa amare la sua stessa sconfitta” (La caccia magica), a nutrire lattesa appassionata” insegnando il “volere... E addirittura non volere eccessivamente’’ (Varietà).

 

E’ evidente che in questa educazione al piacere l’autore è il lettore! E il godimento oscilla, come abbiamo letto, atopicamente tra pensiero e  sensualità... - Il rapporto tra autore & lettore come una relazione tra complici paradossali è definita quantisticamente in quanto segue:

Al “gran jour des sensations” come lo definisce Mon Faust, alla pienezza vitale dell’esperienza sensibile e del suo voluttuoso assaporamento subentra, per il solo sviluppo della sensazione in pensiero, la frattura, il gelido distacco dell’attenzione cosciente. Fra vita e pensiero si instaura un dualismo che li oppone e li attiva solo alernativamente: “Parfois je pense, parfois je suis” è il motto di questo “io” post-cartesiano. Uno dei più raffinati studiosi di Valéry, Ned Bastet, ha parlato di “une sorte de relation d’Heisenberg” per definire l’impossibilità del pensiero di cogliere la vita “dans sa signification pure”...”

(M.T. GIAVERI, Intr. a P. VALÉRY, Il cimitero marino, Il Saggiatore 1984)


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