"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9, dicembre 2003

 


Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura

 

4.  Scrivere al tempo del colera

 

 

 


 

1.

 

“Il trattamento del colera esige dal medico prima di tutto molta disponibilità di tempo; bisogna cioè dedicare a ogni ammalato da cinque a dieci ore, se non di più. Alla letteratura, naturalmente, non c’è neanche da pensare. Non scrivo nulla. Per riservarmi un minimo di libertà d’azione, ho rifiutato ogni compenso e mi trovo perciò senza un soldo... Quando saprete dai giornali che il colera è finito, significherà che avrò ricominciato a scrivere. Finché, invece, sarò al servizio dello zemstvo, non mi considerate uno scrittore. Non si possono fare due cose alla volta.”  

(A. ČECHOV, lettera a Aleksèj S. Suvòrin, 16 agosto 1886)

 

 

2.

 

Alla fiera di Nižnij stanno facendo miracoli che costringerebbero perfino un Tòlstoj a trattar con rispetto la medicina (…). E’ come se avessero gettato un laccio al colera. E’ diminuito non soltanto il numero dei casi, ma anche l’indice di mortalità. Nell’immensa Mosca non si registrano più di cinquanta casi per settimana, mentre sul Don ce n’è un migliaio al giorno – una differenza impressionante. Noi, medici di campagna, abbiamo un piano d’azione ben definito e c’è motivo di credere che anche nei nostri settori riusciremo a ottenere una diminuzione dei casi letali. Non abbiamo assistenti; dobbiamo fungere d medici e da infermieri nello stesso tempo. I contadini sono rozzi, sporchi, pieni di diffidenza; ma tutto questo passa quasi inosservato al pensiero che le nostre fatiche non saranno vane. Fra tutti i medici di Serpuchòv io sono il più tapino; i miei cavalli e la mia carrozza sono in uno stato miserando, non conosco le strade, di sera non ci vedo, non ho soldi, mi stanco presto; ma soprattutto non riesco a dimenticare che dovrei scrivere e a volte ho una gran voglia di piantare in asso il colera e di mettermi a tavolino. Vorrei anche fare quattro chiacchiere con voi. Sono solo come un cane.

(A. ČECHOV, lettera a Aleksèj S. Suvòrin, 1° agosto 1891)


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