"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9, dicembre 2004                                        


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura

 


 

11. Georg Büchner

 

 

 

 

di Massimo Bonifazio

 

 

Lenz in cammino sui Vosgi, con le sue angosce, il suo disordine interiore, le sue frustrazioni da redentore mancato e insieme il suo ateismo; Woyzeck preso in mezzo fra superiori che lo accusano di immoralità – “La morale, Woyzeck, è quando si è morali…”, dottori (eccoli…) che gli impongono una dieta di soli piselli, tamburmaggiori che gli fregano la fidanzata: e con le sue ossessioni, dai massoni in avanti, col suo assassinio “perfetto come ce lo si può solo desiderare”, come dice il giudice alla fine: “Era da tanto che non ne avevamo uno simile!”. 

 

Psicopatologie proiettate su personaggi letterari, casi clinici ben attestati da documenti – lo scrittore Jakob Michael Reinhold Lenz, il soldato-barbiere Johann Christian Woyzeck – che Georg Büchner ripropone con un diverso indirizzo, una diversa intenzione: far emergere la sofferenza senza dare giudizi, neppure di carattere medico. E siamo negli anni trenta dell’800!

 

“Lenz camminava indifferente, senza curarsi dove la via lo portasse, ora in salita, ora in discesa. Stanchezza non ne provava, solo talvolta gli dispiaceva di non potersi mettere a camminare con la testa.” - Solo l'antipatico dottore di Woyzeck gli assegna con sicumera una aberratio mentalis partialis – giusto per ribadire che la diversità va lasciata al margine, rinchiusa, eventualmente decapitata, che il mondo è dei sani – o meglio: dei ricchi e dei potenti. (Al solito: un cretino povero è un cretino, un cretino ricco è un ricco). 

La domanda circa ciò che è sano Büchner se la pone quando si chiede “cos’è che in noi puttaneggia, mente, uccide, ruba?”, come a dire: chi può scandagliare il proprio animo fino in fondo? Del resto la follia per lui non è neppure uno stato di grazia, per carità: la sua appare piuttosto l’intuizione che, di lì in poi, tutti saremmo stati attanagliati da “un’angoscia indicibile”, avremmo sentito che l’universo è “coperto di ferite”: saremmo allegramente entrati, insomma, nell’inferno della modernità. 

 

È un amor revolucionario quello con cui Büchner si china sui suoi personaggi, amore per le vittime dell'ingiustizia, com-passione per coloro che soffrono: fino a identificarsi con loro, combattendo perché la malattia – e l’ingiustizia è ben una forma di malattia – venisse lenita. Un medico ha forse altri doveri? 

 

(Anche se poi, curiosamente, non voleva che i contadini della sua Assia avessero tutti un pollo in pentola, altrimenti chi avrebbe fatto la rivoluzione? “Ogni creatura umana è un abisso, vengono le vertigini a guardarci dentro”, dice Woyzeck…).

 


 

        torna a  

        

 

torna su