"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9 dicembre 2004

 

 

Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura


 

 

11.  Specialisti 

 

 

 


 

“Vi appendono tubicini alle orecchie per spiare i segreti 
del mondo circostante, ma dietro gli occhi il sogno tace.” 

(G. BENN, Lo smalto sul nulla)

 

“Gli occhi di pernice era consentito estirparli soltanto 

dopo un corso di quattro settimane.”   

(G. BENN, Romanzo del fenotipo)

 

“I nomi forse più celebri nello sviluppo della medicina non sono 

nomi di medici (Claude Bernard, Pasteur, Fleming ecc.).” 

(K. JASPERS, Il medico nell’età della tecnica)

 

 

In Čechov, trovi sia il caso buono del medico tutto dedito alla sua scienza (a quell’epoca gli scienziati non assomigliavano alle persone normali. Passavano giorni e notti a fare osservazioni, a leggere libri e a curare malattie, mentre tutto il resto lo consideravano volgare e non avevano tempo di dire parole superflue”, Racconto del capogiardiniere) che la sua compiuta degenerazione:

Alla scrivania nello studio, giù chino su un libro o un preparato, è seduto il dissettore Pëtr Ignàt’evic, un uomo laborioso, modesto, ma mediocre, sui trentacinque anni, già calvo e con una grande pancia. Lavora dal mattino alla notte, legge masse di scritti, ricorda benissimo tutto: e da questo punto di vista non è un uomo, ma un gioiello; per il resto invece è una bestia da soma, o un brillante cretino, che dir si voglia. Ecco i tratti caratteristici che distinguono una bestia da soma da un uomo di talento: le sue vedute sono anguste e strettamente limitate dalla specializzazione; al di fuori è ingenuo come un bambino.

(A. Čechov, Una storia noiosa)

Senza cattiveria non c’è arte: Čechov è cattivissimo, e noi continuiamo a leggere ammirati:

Sembra che se anche la Patti gli cantasse dritto nell’orecchio, se anche orde di cinesi invadessero la Russia, se ci fosse un terremoto, lui non muoverebbe nemmeno un muscolo e continuerebbe in tutta tranquillità a guardare, strizzando un occhio, nel suo microscopio. (...) Pagherei caro per vedere come questo pezzo di legno sta a letto con sua moglie.

Altra caratteristica: una fiducia fanatica nell’infallibilità della scienza e soprattutto in tutto ciò che scrivono i tedeschi. E’ sicuro di sé, dei suoi preparati, sa qual è lo scopo della vita e non sa nulla dei dubbi e delle delusioni che fanno venire i capelli bianchi agli uomini di talento. Adorazione servile dell’autorità e nessuna necessità di pensare di testa propria. (Ib.)

Il potenziale di catastrofe che già pulsa in soggetti sì fatti, verrà perfettamente allucinato nei due romanzi fantascientifici di Bulgakov. Magari un po’ edulcorando, Marietta Čukadoka riassume così: “Ne Le uova fatali lo scienziato (variante del medico) Persikov finisce vittima della propria scoperta – una scoperta geniale, ma non in sintonia con la nuova realtà sociale (…). In Cuore di cane il medico-scienziato mette la potenza della sua ragione al servizio di uno scopo eticamente dubbio…” (Intr. a M. BULGAKOV, Romanzi e racconti).

 La descrizione di Persikov, “professore di zoologia della IV Università statale e direttore dell’Ist. Di Zoologia di Mosca”, è appena una variante di quella del dissettore Pëtr Ignàt’evic:

Egli, del resto, parlava quasi soltanto delle sue materie, e cioè zoologia, embriologia, anatomia, botanica e geografia.Il professor Pérsikov non leggeva giornali e non andava a teatro; la moglie lo aveva abbandonato nel 1913 per un tenore dell’opera di Zimin, lasciandogli un biglietto che diceva: “Le tue rane suscitano in me un insopportabile fremito di ripugnanza. Sarò infelice tutta la vita per causa loro”. (M. BULGAKOV, Le uova fatali)

Lo stesso vale per il professor Filipp Filippovic Probraženskij, specialista in trapianti di ipofisi e ghiandole seminali. - Nella sostanza, stiamo osservando abitanti della medesima Lontananza, della “lontananza dalla vita che è propria della scienza” (S. KIERKEGAARD, La malattia mortale). Qui trovi esperimenti, cavie, scoperte di leggi, applicazioni di procedure: senza emozioni né psicologie, senza ansia, mentre “ogni conoscenza cristiana, per quanto rigorosa ne sia la forma, dev’essere ansiosa…” (Ib.).

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Chi vive e coltiva la schizofrenia tra vita e scienza è Gottfried Benn: poeta e scrittore, specialista in dermatologia e malattie veneree, autore di esempi supremi di “prosa assoluta” inafferrabili per qualunque decifrazione, come di saggi scientifici “scevri da qualsiasi divagazione umanistica” (G. BENN, Doppia vita). – La doppia vita qui non è una iattura, a meno che si ragioni da wertheriane mammole romantiche. La doppia vita è una necessità: “doppia vita, nel senso da me auspicato teoricamente e realizzato praticamente, significa una consapevole frattura della personalità, qualcosa di sistematico e di tendenzioso” (G. BENN, Doppia vita). Da quella frattura, la scrittura.

 


 

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