"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9 dicembre 2004

 

 

Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura


 

 

16.  Vita & Morte 

 

 

 


 

La vita - questa sputacchiera dove sputavano tutti, le vacche e i vermi e le puttane -, la vita che tutti si sbafano fino all’ultimo brandello, la sua scemenza finale, la sua più infima costituzione fisiologica come digestione, sperma, atti riflessi - e adesso tutto ciò ammannito con tanto di fini eterni -, ma il mio cliente aveva ragione, qui risiedeva in effetti il cardine della concezione in auge presso questa razza, e universalmente accolta, riguardo il fondamento dell’essere, quella concezione che, in termini filosofici, aveva delegato alle scienze empiriche la decisione sulla realtà e indotto la tragedia psicofisica, e che ora rappresentava l’ostacolo definitivo alla nascita di una nuova coscienza della civiltà la quale, dopo tutto questo sfacelo, intendesse tener conto di una conciliazione delle sfere situate oltre la vita.

La vita - eccoci giunti al concetto fondamentale davanti al quale tutto si arrestava, l’abisso in cui, negletto ogni valore, tutti si buttavano alla cieca, si ritrovavano insieme agli altri e tacevano commossi. Ma presumere che il Creatore si fosse specializzato nel settore della vita, che la privilegiasse, la sostenesse, e che qui si dilettasse in qualcosa di diverso dai suoi abituali trastulli, ciò mi pareva assurdo.

 

(G. BENN, Romanzo del fenotipo)

 

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La morte miete gli uomini un po’ alla volta. E’ una che sa il fatto suo. Scrivete una commedia: un vecchio inventa l’elisir di lunga vita: chi ne prende quindici gocce, non muore più; però il chimico rompe la fialetta dell’elisir per timore che le carogne come lui stesso e sua moglie, vivano eternamente, Tolstoj nega l’immortalità all’uomo, ma Dio mio, quanto di personale vi è in tutto ciò! Ieri l’altro ho letto il sou Epilogo (della Sonata a Kreutzer). Ammazzatemi pure, ma è più stupido e asfissiante delle Lettere alla governatrice (n.d.r.: di N. Gogol), che io disprezzo. Il diavolo si porti la filosofia dei grandi della terra! Tutti i grandi pensatori sono dispotici come generali, e come i generali villani e indelicati, perché sono sicuri della loro impunità. Diogene sputava in faccia alla gente, sapendo che non gliene sarebbe venuto alcun danno; Tolstoj dà del farabutto ai medici e si comporta da cafone verso i grandi problemi perché anche lui è un Diogene, che non rischia d’esser condotto al commissariato né insultato sui giornali.

 

(Lettera di A. Čechov a Aleksèj S. Suvòrin, 8 settembre 1891)

 


 

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