"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 3, marzo 2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. Proviamo a segnalarne qualcuna

 

 

Per i racconti di Kafka:

 

 

21. Milan Kundera

 

 

 

 

 

 

Quando Kafka lesse ai suoi amici il primo capitolo del Processo, tutti risero, compreso l’autore.

Philip Roth sogna un film tratto dal castello, con Groucho Marx nella parte dell’agrimensore K. E Chico e Harpo in quelle degli aiutanti. Sì, ha perfettamente ragione: il comico è inseparabile dall’essenza stessa della kafkianità.

Ma è un ben misero sollievo, per l’ingegnere, il sapere che la sua storia è comica. Egli si trova rinchiuso nella barzelletta della propria vita come un pesce in un acquario; e la cosa non lo diverte affatto. Perché una barzelletta è divertente solo per chi è davanti all’acquario: la kafkianità, invece, ci fa entrare nelle viscere di una barzelletta, dentro l’orrore del comico. Nel mondo della kafkianità, il comico non rappresenta un contrappunto del tragico (il tragicomico), come avviene in Shakespeare; non è lì per rendere più sopportabile il tragico grazie alla leggerezza del tono; non accompagna il tragico, no, lo distrugge sul nascere, privando così le vittime della sola consolazione in cui possano ancora sperare: quella che si trova nella grandezza (vera o supposta) della tragedia. L’ingegnere ha perduto la sua patria e tutto l’uditorio ride.

 

(M. KUNDERA, L’arte del romanzo).

 

 

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