Ah
            il matrimonio! Malusanza per tristi individucci… “mi vedrete
            sganarellizzato da solo” urla e strepita, e delle donne continua a
            far strage ogni giorno. Quando 
            poi gli capita di essere strozzato dalla vera coniugale, beh
            allora non c’è scelta… d’un tratto si fa “fumista
            sadista”.
            Littré
            ci soccorre “il termine fu dapprima accostato all’estetica di
            Rimbaud e Mallarmé” come dire Pierrot è in tutto un ribaldo
            rimbaldiano, per di più mal’armato… 
            La
            Fumisteria è infatti la più alta forma di mistificazione, la
            provocazione universale su tutto il nulla; è la rima insensata
            delle canzoncine da cabaret,  il
            riso giallino paglierino e “hydropathe” che in Alfonse Allais e
            Salis ebbe i suoi più folli condottieri. (erano gli anni dello
            “Chat noir”, pullulavano i letterati di nicchia che si tingevano
            i capelli di blu “per lottare contro le idee nere”).
            Ora,
            Pierrot ama la sua Colombinetta; e la sposa, la vezzeggia, le
            accarezza i piedini,  addirittura
            si strugge per le sue tenere spalluccine… arriva persino a
            concederle la confidenza del Tu (in Amleto o le conseguenze della
            pietà filiale è per contro Ofelia timidamente a domandare:
            “Posso darti del tu?” lasciando quell’Amleto patafisico del
            tutto esterrefatto: ma vattene in convento!). Pierrot la adora, la
            sua micetta pollastrella; e l’avvolge da ogni lato, la copre di
            baci, la prende, la lascia, la riprende… sta quasi per goderne, ma
            poi scatta in lui il Diktat dell’Imperativo Sadista, un
            dongiovannismo al negativo, cinico e spietato, sicché la prima
            notte di nozze, e le seguenti, sceglie di non sfiorarla: “Non non
            sarà mia! E passare tutte le notti al suo fianco! NO, la vertigine
            alla fine mi scaglierebbe contro di lei!- Bisognerà inventarsi un
            regime, un regime un regime… dormiamo!”
            Del
            resto, già altrove (dimanches) Laforgue:
             
            Mi
            sento troppo pazzo, 
            Da
            sposato maciullerei la bocca 
            della
            mia bella, e caduto in ginocchio,
            le
            sussurrerei queste parole losche:
            “il
            mio cuore è troppo centrale!
            E
            tu non sei che carne umana ;
            non
            puoi trovarmi ingiusto
            se
            ti faccio del male »
             
            Ma
            Colombinetta stenta a capire la “delicatezza” del suo maritino,
            e se ne lamenta: “Sono ancora vergine! che diranno le mie
            amiche?” E arriva persino a discuterne con la madre,  a
            interpellare
            il medico, a minacciare la separazione per via degli insistenti
            “rifiuti” a concederle quel che ogni donna avrebbe pure
            “diritto di pretendere”, o no?
            Il
            finale è geniale. Pierrot disgustato “usò la sua ultima notte di
            marito per sfiancarla d’amore come un toro; poi, al mattino,
            fischiettando, fischiettando come se nulla fosse accaduto, fece le
            valigie e partì per il Cairo” … “T’amavo per davvero;
            saresti stata la più felice fra le donne, ma non m’hanno capito.
            E ora eccoti qua, vedova e non più maritabile.”  
            Come
            dire, la donna che ama e che cede va sempre torturata con il
            rifiuto, ma quando è poi lei a “rifiutare” un simile train de
            vie, allora  può solo
            l’accoppiamento sadico, estrema forma 
            del dongiovannesco disamore.