“Dispiace
              ancora una volta  pensare
              che Shakespeare non scrisse un Don
              Giovanni” 
              (G.
              MACCHIA, Vita avventure e
              morte di Don Giovanni).
            
             
            Eppure
            un assaggio – chissà perché sempre trascurato - c’è, ed è la
            più straordinaria scena di seduzione che sia stata scritta: che
            demonico seduttore sarebbe stato infatti il mostruoso Riccardo di
            Glouchester, se non fosse stato anche lui ingannato dalla
            superstizione che “rimescolare il mondo” valga più di
            rimescolare un letto (ma a sentir la vecchia regina madre anche
            Riccardo ebbe una giovinezza temeraria, irriverente e spavalda
            proprio come un dongiovanni)…
             
            Davanti
            a Riccardo III che seduce lady Anna– dunque, un’altra
            “Anna”… –, la stessa trappola ineccepibile di Valmont per
            far sua la Presidentessa nelle Relazioni Pericolose si
            scolora. Qui succede ben altro: l’assassino seduce la vedova
            davanti al corpo ancora caldo del marito; la seduce da omicida
            conclamato e per di più mostruoso, trovando sempre dove insinuare
            turbamenti tra le maledizioni e gli sputi della povera donna…
             
            “Chi
            conquistò donna con quell’animo?”: Riccardo come sempre sa i
            suoi meriti. – E Shakespeare è oscenamente credibile, ché toglie
            il fiato e seduce noi che appena assistiamo, e dà la stura a una
            forza animalescamente persuasiva, disperatamente calamitante: chi
            vuole fin dentro le ossa il fascino di un Male non banale, si
            accomodi…
            Colpisce
            l’identità tra la disciplina ferrea a dissimularsi, a cui s’è
            costretto per ambizione e vendetta il tiranno deforme (“insidie ho
            teso, induzioni fatali”) e, sempre nelle Relazioni di de
            Laclos, le parole della dongiovanna suprema, la  Marchesa di Merteuil
            
            che, ricca solo di “pensiero”, già a quindici anni s’era
            fornita da sola “dei talenti ai quali la maggior parte dei nostri
            politici devono in gran parte la loro fama”… 
            Necessità
            dell’attore: per sottoporre a sé le forze terribili ed elementari
            elencate una volta per sempre da Machiavelli, sia il politico che la
            libertina sanno che basta “mettere insieme lo spirito d’un
            autore e il talento d’un commediante” (de Laclos, Le
            relazioni pericolose, lettera LXXXI): dissimulazione
            strenuamente disonesta.