Il
        grande imperatore, suonava la viola, il violoncello e il cembalo, e
        cantava discretamente. Per di più, comandava da una capitale, Vienna,
        in cui la rappresentazione di un’opera rappresentava un affare di
        Stato. Allo stesso tempo, sapeva essere all’occorrenza
        sufficientemente spiccio e drastico. Quando scoppiò la guerra col
        Turco, nel 1783, ordinò al direttore dei teatri Orsini Rosenberg:
        “Se
        i cantanti italiani insistono a voler essere pagati anche un solo ducato
        più di quanto pattuito nei contratti, lasci pure che se ne vadano.
        Questa è la mia ultima parola. Non vogliamo aumentare oltre misura gli
        stipendi di gente pagata per canterellare, specialmente in un momento in
        cui la situazione politica è incerta.