Ah,
          che bello vantarsi!… 
          Quando
          le cose ormai gli giravano bene, ed era richiesto dai musicisti di
          Vienna come Figaro da tutta Siviglia, Da Ponte si trovò ad avere
          perfino troppo lavoro: Salieri, Martìn y Soler e Mozart insieme gli
          chiedevano ognuno un libretto, e tutt’e tre avevano fretta! 
          Nelle
          Memorie
          racconta che andò bel bello a sottoporre la bizzarra situazione
          all’Imperatore (le Memorie
          sono piene di dialoghi di Da Ponte con Giuseppe II, che di suo non lo
          nomina in nessuno dei documenti che ci sono rimasti): l’Altezza Sua
          Imperiale ritiene che il suo umile servo riuscirà a scrivere tre
          libretti in un sol colpo?
          “Non
          ci riuscirete.”
          “Forse
          che no, ma ci proverò. Scriverò la notte per Mozzart (sic!),
          e farò conto di leggere l’Inferno
          di Dante; scriverò la mattina per Martini, e mi parrà di studiar
          Petrarca; la sera per Salieri, e sarà il mio Tasso.”
          Per
          vincere la scommessa Da Ponte si sarebbe rinserrato in casa, incatenandosi al
          tavolino come un Alfieri? 
          Ma
          proprio no:
           
          Andai
          al tavolino e vi rimasi dodici ore continue. Una bottiglietta di
          “tockai” a destra, il calamaio nel mezzo, e una scatola di tabacco
          di Siviglia a sinistra. Una bella giovinetta di sedici anni (ch’io
          avrei voluto non amare che come figlia, ma…) stava in casa mia con
          sua madre, ch’aveva la cura della famiglia, e venìa nella mia
          camera a suono di campanello, che per verità io suonava assai spesso,
          e singolarmente quando mi pareva che l’estro cominciasse a
          raffreddarsi: ella mi portava or un biscottino, or una tazza di caffè,
          or nient’altro che il suo bel viso, sempre gaio, sempre ridente e
          fatto appunto per inspirare l’estro poetico e le idee spiritose. Io
          seguitai a studiar dodici ore ogni giorno, con brevi intermissioni,
          per due mesi continui, e per tutto questo spazio di tempo ella rimase
          nella stanza contigua, or con un libro in mano ed ora coll’ago o il
          ricamo, per essere pronta a venir da me al primo tocco di campanello.
          Mi si assideva talvolta vicino senza muoversi, senza aprir bocca né
          batter occhio, mi guardava fisso fisso, sorrideva blandissimamente,
          sospirava e qualche volta parea voler piangere: alla corte, questa
          fanciulla fu la mia Calliope per quelle tre opere, e lo fu poscia per
          tutti i versi che scrissi per l’intero corso di altri sei anni. Da
          principio io le permettea molto sovente tali visite; dovei alfine
          renderle meno spesse, per non perdere troppo tempo in tenerezze
          amorose, di cui era perfettamente maestra.
           
          Autoritratto
          divertente e falso, e in ogni caso forse la pagina più famosa delle Memorie.
          Da Ponte nasconde il plagio del libreto di un altro, riduce a un gioco di prestigio i tempi e
          si dà modelli abnormi eppure sottilmente veri.
          La
          descrizione ha qualche somiglianza con quella, certo più veritiera,
          della notte – una notte sola! – in cui Mozart scrive l’Ouverture
          del Don
          Giovanni a Praga: musica
          difficilissima che l’orchestra avrebbe avuto non più d’una prova
          per imparare.