Caro
            "compagno segreto",
            I
            pensieri che seguono sono di un vecchio professore pensionatissimo
            che, dopo aver letto il vostro numero sul “Kafka Comix”, butta
            un occhio non nostalgico su un libro di testo né peggiore né
            migliore di altri. Lì, proprio su Kafka, legge: 
             
            “TERZO
            MODULO – RITRATTO D’AUTORE – FRANZ KAFKA” 
             
            Il
            Modulo va da pagina 655 a pagina 721. Sulla prima pagina c’è un
            suo ritratto colorato al computer, sul quale in effetti campeggia in
            caratteri giganteschi la parola “MODULO”: la scritta “Ritratto
            d’autore” è già meno della metà, e “Franz Kafka” sta un
            piccolo riquadro posto su un lato, colorato di celeste. “MODULO”
            è insomma stampato una ventina di volte più grande di “Kafka”,
            e la minaccia, come si vedrà, sarà mantenuta.
            Subito
            sopra la foto innocente, sono già elencati in grassetto gli
            OBIETTIVI che evidentemente devono essere conseguiti nel momento in
            cui si decidesse di inoltrare un proprio “percorso” al di là di
            questa soglia. Gli “obiettivi” sono sette ed indicati con
            l’uso che si potrebbe supporre quasi imperativo dell’infinito
            (come “Credere, Obbedire, Combattere”).
             
            Il
            primo obiettivo è: “contestualizzare
            storicamente l’autore e le sue opere”.
            Ho
            letto bene: Contestualizzare
            viene prima di conoscere… 
            Ma
            ecco gli altri 6 obiettivi.
            “Cogliere
            la sua formazione culturale e la sua poetica” (le formazioni
            dunque si colgono…); “Rivelare
            il rapporto con i movimenti culturali del suo tempo”; “Riconoscere
            le persistenze e/o le variazioni tematiche…”; “Attualizzare
            la lettura delle sue opere”; “Rilevare
            gli elementi autobiografici…”; “Cogliere
            le inquietudini esistenziali della sua epoca”.
             
            E
            insomma: cogliere, rilevare, attualizzare!… - 
            Saltando alla fine del Modulo, scopro che il percorso
            è stato effettivamente concepito come una corsa  per arrivare
            nell’imbuto risolutivo di una “VERIFICA SOMMATIVA” (un'altra
            coppia di sostantivo e aggettivo non umana), da cui estrapolo un
            campione di richieste da rivolgere al giovane infine edotto.
             
            Ecco
            la prima:  
             “Kafka, profeta
            dell’angoscia di questo nostro tormentato secolo: parlane alla
            luce dei testi analizzati.”
            Ma
            poi, cogliendo qua e là: “L’opera di Kafka ha valore
            soprattutto per un’epoca come la nostra in cui la minaccia
            nucleare rappresenta un dramma per l’umanità”; “Fa’ (sic:
            proprio Fa’…)
            considerazioni sull’atteggiamento dei familiari di Gregor,
            travolto dall’infausta sorte, che lo esulano anziché trattarlo con
            pietà e affetto”.
            E
            infine: 
             “L’opera di Kafka è anche protesta contro un potere sfuggente che cerca di vanificare ogni
            sforzo compiuto da singoli individui per conseguire una giustizia
            sociale. Fa’ un breve confronto con il “potere” che domina
            oggi in Italia e nel mondo.” 
            Può
            bastare?
             
            Tralascio
            la questione di cosa queste richieste vogliano
            dire, ammettendo che vogliano dire qualcosa.
            Per
            affrontare la VERIFICA SOMMATIVA sui 7 obiettivi, sono offerti due
            brani da America, il primo
            di 7 e il secondo di 4 pagine; due brani del Processo, le prime 7 pagine e poi altre 4 dal IX capitolo; 5 pagine
            dal Castello; una antologia
            di 13 pagine dalla Metamorfosi;
            altre 13 pagine da altri racconti e, infine, 2 pagine dalla Lettera
            al padre.
            All’inizio
            di ogni brano c’è un cappello introduttivo, che dovrebbe
            aggiungere luce rispetto a una lettura diretta e selvaggia di Kafka.
            - Leggo ad esmpio sul racconto Un
            messaggio imperiale: “In questo “messaggio” è messo in
            luce l’impossibilità dell’uomo di accedere alla parola
            divina… La verità non splende più nella vita: si disperde in
            essa.”
            
            Come
            ogni altro testo proposto, l’enigmatico racconto è incastonato
            tra il suddetto cappello e una “Analisi del testo” che
            dice che il racconto “è una metafora con la quale Kafka mette in
            luce l’incerto destino delle parole… unica certezza la
            fantasia… E’ un messaggio proiettato nell’infinito
            dello spazio e del tempo, un messaggio che acquista vita solo nei
            sogni.”
            Qualunque
            manuale di retorica, conforterebbe nell’impressione che le
            suddette frasi esprimono un tono apodittico, perentorio,
            assiomatico, sentenzioso. Si noti infatti l’uso costante
            dell’indicativo - il modo verbale della realtà
            – e l’insistenza addirittura del verbo ontologico per
            eccellenza: il racconto è
            una metafora; è
            proiettato, è messo in luce…
             
            Pongo
            a questo punto - evidentemente alla Luna, ma se lo fa un pastore
            errante lo posso fare anch'io - poche domande che spero
            semplici e non gravate da pregiudizi e rivalse:
            
            -   
            Le “ vigenti disposizioni ministeriali”, in conformità
            delle quali non dubitiamo siano stati disegnati questi Percorsi Modulari, a  cosa
            aspirano? A immagine e somiglianza di cosa,
            vorrebbero modellare i giovani nell’età fiorita della scolarità?
            -   
            Supponendo che, in una scuola perfetta (perfetta rispetto alle “disposizioni ministeriali”), un giovane
            perfetto coadiuvato da un docente perfetto, consegua perfettamente
            gli “Obiettivi” sopra indicati, cosa
            si sarà ottenuto? - Chi sarà
            quel giovane?
            -  
            Sarà un tipo interessante, libero, originale, accattivante?
            Avrà una sua lingua, e cioè suoi
            pensieri? Andrà più spesso in libreria? Sarà più cortese ed
            elegante con le ragazze (e viceversa)? Più gentile col prossimo? Più
            sensibile alla bellezza e alla sofferenza? Avrà slanci generosi?
            Avrà gusto per l’arredamento della casa? Gli verrà uno sguardo
            più profondo?
            -  
            Passando infine dall’ideale al reale: perché un giovinetto scherzoso (o anche bulimico e depresso)
            dovrebbe preferire i percorsi
            modulari delle “vigenti disposizioni”, ai sentieri
            interrotti di se stesso?  -
            E, posto anche che il “principio di piacere” debba essere
            affiancato o addirittura soppiantato da un virile “principio di
            realtà”, a quale scopo la collettività adulta dovrebbe educarlo (o
            addestrarlo?) a far fronte a una serie di esercitazioni del tipo
            sopra esemplificato, invece che affidarlo all’adrenalina coatta
            delle discoteche, dei videogiochi, e magari di meno virtuali corse
            in auto di notte? Perché “cogliere, rilevare, attualizzare” è meglio
            del non senso del cazzeggio puro con mamma e papà, o con gli amici
            o da solo davanti alla tivù? Perché “contestualizzare” è
            meglio dell’SMS di massimo 120 caratteri, o dell’annullamento
            orgiastico e magari teppistico dell’Io in una curva di stadio?
             
            Essendo
            domande semplici, sarà vano confidare in risposte semplici.