"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4 aprile 2003

 


Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte & W. A. Mozart

 

Da "L'Age d'or" di L. Bunuel

 

 

10. Soldi!

 


Quando si allestiva un’opera, più di tutti si pagavano i cantanti: nessuno del resto dubitava che da loro dipendesse quasi tutto il successo dell’impresa. Indiscussa supremazia dell’interprete sull’autore: i cantanti guadagnavano anche dieci volte il compositore, a sua volta ricco almeno il doppio del librettista. Essendo loro le vere stelle, divi agognati da Dresda a Londra a Palermo a Lisbona, andavano reclutati con buon anticipo: sia nel senso del tempo che del contante.


A impazzire per la babele onerosa della messa in scena d’una nuova opera erano gli impresari: trafelati, entusiasti, disperati. Come giocatori d’azzardo sicuri che la prossima puntata avrebbe spalancato le porte a una vita nababba, gli impresari producevano una nuova opera (il pubblico non voleva roba vecchia!) sempre sperando in un  successo subissante e definitivo: qualcosa per lo più mancato per un soffio.

 Da "L'Age d'or" di L. Bunuel


Intanto era tutto un pagare: metà del denaro solo per i cantanti! 

Il resto andava speso così: metà per la messinscena, metà della metà per l’orchestra tutt’intera… un po’ meno il costo del compositore e dei copisti. Il librettista, infine, che allora svolgeva compiti oggi spartiti tra una legione di persone (“regia”, direzione di scena, stampa dei libretti, ecc.) nel bilancio totale della produzione era un costo di per sé insulso, deprimentemente vicino allo zero per cento: diciamo, più o meno, uno zero virgola cinque… Se era Da Ponte, possibile che guadagnasse ogni tanto anche abbastanza di più.


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