"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero Numero 4, aprile 2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Per Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart:

 


 

 

31. Eduard Mörike

 

 

 

Grandville, Eclissi

 


 

La mia anima è simile a un cristallo

Immune ancora d’ogni avverso raggio

 

Cristina Campo era ancora Vittoria Guerrini quando tradusse in musica la grazia modesta di  Mörike. Eduard M. un omino che “prediligeva Mozart quando l’Europa era di Beethoven, giocava coi bambini, parlava con gli alberi, e faceva dell’amicizia una religione.” E il Mozart del Reise insegna proprio questo all’intellettuale frustrato: si può guarire, sì! si può guarire dal male di vivere, basta imparare a ridere di tutto (ma con rispetto, delicatamente).

Questo “Wolf” è dunque lo stesso dell’ultima sua lettera italiana, là dove, venato di malinconica accettazione, scriveva ”…la vita era pur sì bella…”: una chiusa che è pugnale “che trafigge, uscito dal fodero in virtù di due monosillabi, disposti secondo un ordine semplice e imperscrutabile” (Campo). E difatti M. fa sussurrare al suo M. dolente: “Ho mai avuto un’ora intera per essere felice con i miei bambini? È sempre stata una gioia a metà, per me, sempre en passant! Prendere i piccoli a cavalcioni sulle ginocchia, correre con loro per le stanze e poi… basta di nuovo trascinato via!”

Ma nonostante tutto “la vita era pur sì bella…” 

Del resto, Hölderlin ce l’aveva spiegato:  “poco sapere, ma di gioia molto/ ai mortali è concesso […] oh fossi piuttosto un fanciullo!/ E come usignoli, in canti senz’affanno/ la mia gioia cantassi.

Per anni ci si era abituati a considerare il Prodigio soltanto un semplice prodigio (Galliani in una lettera alla d’Epinay), eppure Mörike insisteva: “s’era tentati di credere che altro non fosse in suo potere, e che quell’essere d’eccezione dovesse seguire regole del tutto diverse da quelle che, secondo la nostra comprensione, si addicono e convengono a tutti gli uomini: regole violentemente impresse in lui per chissà quale via.” Un extravagante insomma, capace di dedicarsi anima e corpo al sussurro del fiume, “alla rosea freschezza d’un mattutino sogno”, e al contempo desideroso di deliziarsi con un polletto croccante sull’erba del Pater.

Un po’ come l’autore stesso, autentico puer aeternus, poeta in cilindro e parapioggia, dimenticato, trascurato… e pensare che Herr Professor Martin Heidegger ai suoi bei tempi non si dava tregua per comprendere “il senso vero” d’un suo verso! (Ma adesso, chi legge più Mörike? Forse “qualche svevo di quelli sempre affaccendati a metter un mattone sull’altro e ai piedi quei vascelli di scarpe comesichiama, già, “topi d’acqua di Stoccarda”. ) Il signor Castagnasecca, questo pastore con la papalina sempre in testa, rapito di tanto in tanto all’eternità greca del suo stupore e ritratto come in una scena d’interno, figurino in una conversation piece di quelle che sarebbero piaciute tanto al Professor Praz: Stimmung e Gemütlichkeit, intimità candore e casalinghitudine: il Biedermeier apparso in sogno sull’Elicona; un Apollo più alla mano, disceso finalmente dal podio olimpico, avviluppato in una  giacca da camera, la pipa ingrommata nelle mani… Che singolare destino! Poeta tra i più lirici, traduttore che sapeva farsi segno tipografico nelle pause dei versi greci e latini, Mörike era “tanto avido d’armonia da trascorrere intere giornate tornendo vasi, incidendo croci” (ne fece una anche per la madre del caro Schiller, nel cimitero di Stoccarda). In collegio frequentava Hölderlin, greco come lui, ma privo della sua dolce maniera teocritea; e sempre così fanciullesco nei suoi entusiasmi, “ebbre le pupille socchiuse quasi per torpore – solo l’orecchio origlia ancora un ronzio d’ape”; inguaribilmente aereo nella scrittura, Storm riferisce: “un’espressione delicata e quasi fanciullesca che pareva raffigurare l’intimo di quell’uomo era restata ancora intatta dalle viscere del mondo.”

 


 

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