"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


 

 

Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart

 

 

4. Librettista di Mozart

 


 

Comandava Mozart. 

Da Ponte sottoponeva a Mozart un po’ di scene; Mozart, mettendole in musica, definiva i punti che doveva essere variati, sia nel metro che in alcuni suoni vocalici, che potevano non essere adatti, per la voce, alle note da cantare: non si può pronunciare decentemente una “A” su una nota troppo bassa o una “U” su una troppo alta, per esempio.

 

Del resto, questa era la norma. Salieri non si comportava diversamente. Quando Da Ponte scrisse per lui il suo primo libretto originale, il Ricco d’un giorno (siamo nel 1784) e presentò al celebre musicista la sua fatica si sentì subito chiedere qualche “piccolo cambiamento”: 

“In che consistevan però questi piccoli cambiamenti? In mutilare o allungare la più gran parte delle scene; in introdurvi de’ nuovi duetti, terzetti, quartetti, ecc.; in cangiar metri a metà dell’aria; in frammischiarvi i cori (che si dovean cantare da tedeschi!); in togliervi quasi tutti i recitativi e conseguentemente tutto l’intreccio e l’interesse dell’opera, se alcun ve n’era; di maniera che, quando il dramma andò in scena, non credo che rimanesser cento versi del primo mio originale.” (Memorie). 

 

Scrive Massimo Mila: 

“Siamo esattamente agli antipodi della concezione di Gluck, il quale, quattordici anni prima, nella prefazione dell’Alceste, aveva riecheggiato i principi dei fondatori fiorentini del melodramma affermando di aver voluto “restringere la musica al suo vero ufficio di servire la poesia per l’espressione”…”  

(M. MILA, Lettura delle “Nozze di Figaro”, Einaudi).

 


 

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