"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 

2.  La legge

 

 


 

Amleto - Un’assemblea di vermi politici è alle prese con lui.

(Atto IV, sc. 3)

 

 

La legge sarà un mezzo o un fine? (E i fini esistono? Pare che gli uomini tendano a morire prima.). - « Aiuto, padrone, aiuto! C’è un pesce impigliato nella rete come il diritto di un pover’uomo nella legge» (Amleto, Atto II, sc. 1); «In fede mia, non mi sono mai occupato molto della legge né ho mai potuto piegare ad essa la mia volontà; e perciò alla mia volontà piego la legge» (Enrico VI parte I, Atto II, sc. 4), e non occorre essere re, e neppure italiano, per pensare della legge ch’è una «vecchia befana» (Re Enrico IV parte I, Atto I, sc. 1), e questo era Falstaff. Quanto ad Amleto, l’unica legge di cui pare curarsi davvero è, a parte il quarto comandamento, quella – sempre non umana – contro il suicidio («o che l’Eterno non avesse stabilito la sua legge contro l’uccisione di sé…», Atto I, sc. 2).

 

Niente di nuovo sotto il sole. Soprattutto perché la sventura del potere svela l’uomo per quello che è. In questo caso l’ircocervo perde tutta la sua nobiltà, e si fa destino della sola specie dalle voglie infinite: «L’uomo è l’animale mostro e il superanimale; l’uomo superiore è l’uomo mostro e il superuomo: tale è il rapporto. Ogni volta che cresce in grandezza e in altezza, l’uomo cresce anche in profondità e terribilità: non si deve voler l’una cosa senza l’altra – o piuttosto, quanto più a fondo si vuole l’una cosa, tanto più a fondo si raggiunge esattamente l’altra». (F. Nietzsche, Il caso Wagner) - Che, se non altro per noia, si finisca col volere tutto, e il peggio prima del meglio, è la filosofia del marchese De Sade. Se l’umano sodalizio resta in piedi, sarebbe solo perché ognuno ha le 120 giornate che può, non quelle che vuole.

 

 

L’arte della politica consiste anche nel riuscire a mai sprofondare: sotto la geometria fastosa e villana dei giochi di forza, nell’evitare con sussiego e sprezzatura ogni lacrima quando si subisce il tiro incrociato degli intrighi.

 

E per l’anima che resta bella, nata appena ieri nel desolante principio di realtà, sarà ben grave ritrovarsi i propri politici piedi nel diaccio di qualche immoralissima verità. Urgerebbe quanto meno una poetica e una filosofia del Fallimento. Oppure lasciare presti e ratti lo straccetto stinto dell’anima al primo diavolo che passa, e diventare, ancora meglio di Claudio o Amleto senior, Polonio. Il politico Polonio, eroe d’uno sconfinato compromesso col mondo, crede non tanto che occorra «be cruel to be kind» (Atto III, sc. 4), ma che a tutto quanto c’è rimedio, che il mondo intero è una fiera fiorentissima di rimedi per tutti i suoi possibili mali: educata l’anima al galateo tutt’altro che agevole del «non essere», non c’è pazzo che non sia educabile, né pozzo metafisico su cui non si possa lievitare: sempre leggeri sulla pellicola di terra che divide il cielo abissale dall’inferno. Con Polonio s’impara che il politico, più che volpe o leone, è una libellula.


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