"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13, settembre 2007                                         

 

           n. 13 °*°  William Shakespeare: Spettro delle mie brame - fantasmi di Amleto °*° n. 13

 


 

 

93. T. S. Eliot

 

 

 


 

«Il solo modo di esprimere emozioni in forma d’arte è di scoprire un “correlativo oggettivo”; in altri termini una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi che saranno la formula di quella emozione particolare (…). Amleto (uomo) è dominato da un’emozione che è inesprimibile perché in eccesso ai fatti quali appaiono. E la supposta identità di Amleto col suo autore è vera fino a questo punto: che lo scacco di Amleto per l’assenza dell’equivalente oggettivo dei suoi sentimenti è un prolungamento dello scacco del suo creatore in presenza del problema artistico. Amleto è alle prese con questa difficoltà: il suo disgusto è procurato da sua madre, ma sua madre non è un adeguato equivalente; il suo disgusto l’avvolge e la eccede. E’ così un sentimento ch’egli non può capire; non lo può oggettivare, e resta perciò ad avvelenare la vita e a ostacolare l’azione. Nessuna delle possibili azioni viene a soddisfarlo; e nulla di quanto possa fare Shakespeare con l’intreccio riesce a esprimere Amleto per lui.»

(T. S. Eliot, Amleto e i suoi problemi, in Il bosco sacro)

 

«Se Shakespeare non avesse adombrato, per l’appunto, il fallimento dell’uomo moderno, in un’opera che è essa stessa un fallimento, ci sentiremmo di sospettarlo di ipocrisia. La grandezza – se non la bellezza poetica – di Hamlet consiste anche in questo coincidere del fallimento che adombra e del fallimento che registra.»

(G. Baldini, Manualetto shakespeariano, Torino 1967)

 

«Lo Hamlet  di Shakespeare, in quanto è di Shakespeare, è un dramma che tratta dell’effetto della colpa di una madre sopra il figlio, e Shakespeare fu incapace di imporre con successo questo motivo all’ “intrattabile” materia del vecchio dramma.

Dell’intrattabilità non ci può essere alcun dubbio. Lungi dall’essere il capolavoro di Shakespeare, il dramma è sicuramente un insuccesso artistico.»

(T. S. Eliot, Amleto e i suoi problemi, in Il bosco sacro)

 

«[Eliot] Non si rendeva conto che il «correlativo oggettivo» non poteva misurare un’opera a vertiginoso sfasamento cronotopico, a implosione immaginaria del cosmo simbolico, ad altissimo tasso di figuralità metalogica, con incrocio e decostruzione di linguaggi e di stili, in un interseco non oggettivabile di registri e di voci. Il collasso del centro non poteva trovare un correlativo oggettivo identificabile in un disegno, in un’immagine netta, in quanto si ostendeva come sfasamento, immagine “mossa” al pari della fotografia di una traiettoria estremamente dinamica.»

(A. Serpieri, Polifonia shakespeariana, Roma 2002)

 

Oltre a Baldini e Serpieri, sulla faccenda della impossibilità di motivazione (condivisa da Auden, Lezioni su Shakespeare, Milano 2006), useremo come replica quanto scrive Schopenhauer: «la vita non ha un vero contenuto autentico, ma viene tenuta in movimento soltanto dal bisogno e dall’illusione: ma non appena questo movimento si arresta, si rivela tutta l’aridità e la vacuità dell’esistenza» (A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena).

 

 

«No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l'avvio a una scena o due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po' ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
E quasi, a volte, il Buffone.»

(T. S. Eliot, Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock)


 

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