Il
              “picciol libro” di Pierre-Jean Jouve (1887-1976), Il Don Giovanni di Mozart è del 1942; Adelphi lo ha riproposto
              certa di restituire un esercizio di ammirazione necessario. Il
              poeta, sentiva predominante il lato nero dell’opera, definita
              “un’esperienza complessa della Morte in un’arte che ha il
              dono della grazia”. Per lui, è come se Mozart avesse scritto
              quasi solo cose esoteriche, mistiche e mortuarie: non lo
              scintillio turchesco del “Ratto
              del serraglio”, l’enciclopedia amorosa delle “Nozze
              di Figaro” o le libertinerìe del “Così
              fan tutte”.
              Dire
              a parole la musica è  lanciare
              gocce d’acqua su un vetro sperando che lo attraversino, il che,
              almeno per la fisica quantistica, ha un’infinitesima possibilità
              che accada. A Stendhal, che per un buon “Don
              Giovanni” avrebbe marciato nel fango, bastavano due parole:
              quella è la musica de “l’amour et le diable” (e di Dio)...