“Il
          silenzio delle sirene” parte da uno degli episodi più seducenti
          dell’Odissea. Kafka s’inventa però una versione tutta sua,
          essenziale. 
          Si
          sa: Ulisse 
          si fece legare all’albero maestro per ascoltare il 
          canto calamitante 
          delle sirene, senza tuttavia farsi trascinare da loro e così
          dimenticare la patria, la sua famiglia, se stesso. Aveva turato le
          orecchie dei compagni con della cera, perché non sentissero nulla,
          neppure la sua voce implorante di scioglierlo e lasciarlo in balìa di
          quelle 
          creature.  
          Kafka
          invece la 
          racconta diversamente: anche Ulisse si riempie le orecchie di
          cera. Una beffa: le corde che lo stringono all’albero della nave
          devono alimentare 
          il suo alibi. Così sfila davanti a quelle 
          incantatrici, 
          impassibile e vittorioso. Loro stanno 
          cantando 
          invano, lui crede, 
          perché 
          non sanno che non può sentire.
          Ma
          le sirene tacciono.
          Non
          si sa per quale motivo; forse un uomo come Ulisse si può sconfiggere
          solo con il silenzio, oppure si fermano rapite dal suo sguardo
          luminoso. Resta il fatto che “arma ancora più temibile del canto
          è il silenzio delle sirene”, perché è meglio perdersi avendo
          conosciuto la bellezza di quella melodia ammaliante, piuttosto che
          salvarsi 
          senza averla mai ascoltata. L’eterno conflitto dell’uomo è
          accedere alla conoscenza in cambio di un avvitamento luciferino, un
          tonfo 
          nell’inferno della consapevolezza.  
          Forse
          lui lo sa bene, forse Ulisse si accorge di questo 
          inganno reciproco, di questo valzer degli equivoci che
          renderebbero inutili 
          cera e catene. Ma è la prova che il Fato non può raggiungere
          il suo cuore, che lui ha il potere di sottrarsi a ogni iniziazione. Al 
          rito che tutti gli altri 
          uomini cercano nell’illusione di respingere la morte, di
          accedere ad altre dimensioni senza pagare pedaggio. Un’illusione che
          lui, cinico anche verso 
          se stesso,  
          non ammette.