"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13, settembre 2007                                         

 

           n. 13 °*°  William Shakespeare: Spettro delle mie brame - fantasmi di Amleto °*° n. 13

 


 

 

95. Alessandro Manzoni

 

 

 


 

Godi che re non sei; godi che chiusa

All’oprar t’è ogni via: loco a gentile,

Ad innocente opra non v’è: non resta

Che far torto, o patirlo. Una feroce

Forza il mondo possiede, e fa nomarsi

Dritto: la man degli avi insanguinata

Seminò l’ingiustizia; i padri l’hanno

Coltivata col sangue; e omai la terra

Altra messe non dà. Reggere iniqui

Dolce non è; tu l’hai provato: e fosse;

Non dee finir così? Questo felice,

Cui la mia morte fa più fermo il soglio,

Cui tutto arride, tutto plaude e serve,

Questo è un uom che morrà.

 

(Adelchi, Atto V, sc. 8)

 

 

  …Morire, dormire;

dormire –sognare?– oh, quest’è l’incaglio:

che sogno verrà nel sonno da morti,

quando saremo disciolti dal nodo

letale? - Qui ci si ferma: è il dubbio

che tanto allunga le nostre disgrazie.

Chi si rassegna alla frusta e agli scorni

del tempo, ai torti dei tiranni, all’onta

del superbo, all’angoscia dell’amore

schifato, le lenturie della legge,

l’insolenza degli uffici, gli scherni

dei mediocri al merito tenace,

quando da solo può saldare il conto

un facile pugnale?

 

(Amleto, Atto III, sc. 1)

 


 

«…la perfezione morale è la perfezione dell’arte, e (…) perciò Shakespeare sovrasta gli altri, perché è più morale.»

(A. Manzoni, Materiali estetici)

 

«Ricominciamo dunque da Shakespeare, per esempio da quanto c’è di Hamlet in Adelchi. Carl Schmitt direbbe che Amleto e Adelchi devono assomigliarsi, perché sono anche entrambi eroi «da vendetta» cui a lungo, o per sempre, sfugge appunto la vendetta. Aggiungiamo che Adelchi è costretto ad amletizzarsi perché sempre di più, da abbozzo a stesura finale, gli sfugge un banco di prova storico, la possibilità di impiantare la sua azione su un conflitto reale, cioè di grande svolta etico-storica: si dissipa questa possibilità storica del conflitto (vedi il Discorso sui Longobardi in Italia) ed ecco svanire l’azione stessa e Adelchi tingersi di amletizzazione, dentro quella «miseria italiana, con cui del resto già si era provato l’autore del Carmagnola, e con cui ancora tornerà, insistente, superbamente analitico, a misurarsi col romanzo.»

 

(G. Lonardi, Introduzione a A. Manzoni, Il conte di Carmagnola, Venezia 1989)

 


 

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