"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 


n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

36.  Della sindrome del fuori sesto

 


 

AMLETO - …O sorte maledetta che proprio io sia nato per rimetterlo in sesto.

(ATTO I, sc. 5)

 

 

«Secondo un paradosso che si pone e lascia andare senza più controllo, Amleto non maledice tanto la corruzione del tempo. Egli maledice anzitutto e piuttosto l’effetto ingiusto dello sregolamento, ovvero la sorte che l’avrebbe destinato, proprio lui, Amleto, a riportare nei suoi argini un tempo lussato – e a rimetterlo diritto, a rimetterlo al diritto. Maledice la sua missione: fare giustizia di una di-missione del tempo. Giura contro un destino che lo conduce a fare giustizia di un errore, un errore del tempo e dei tempi, rettificando un indirizzo: facendo della rettitudine e del diritto (to set it right) un movimento della correzione, della riparazione, della restituzione, della vendetta, della rivincita, del castigo. Giura contro questo malessere, e questo malessere è senza fondo perché non è altro che lui stesso, Amleto. Amleto è “out of joint” perché maledice la sua propria missione, il castigo che consiste nel dover castigare, vendicare, esercitare la giustizia e il diritto sotto forma di rappresaglie; e quel che maledice nella sua missione è l’espiazione della stessa espiazione; è innanzitutto il fatto che essa gli sia innata, data tanto dalla sua nascita quanto alla sua nascita. Dunque assegnata da ciò o chi venne prima di lui. Come Giobbe (3, 1), maledice il giorno che l’ha visto nascere: The time is out of joint: O cursed spite. That ever I was born to set it right (…) Il colpo fatale, il torto tragico che sarebbe stato fatto alla sua stessa nascita, l’ipotesi di una perversione intollerabile nell’ordine stesso della sua destinazione, è di averlo fatto essere, proprio lui, Amleto, e nascere, per diritto, in vista del diritto, chiamandolo così a rimettere il tempo sul diritto cammino, a soddisfare, a rendere giustizia e raddrizzare la storia, il torto della storia.»

 

(…)

 

«Amleto non potrebbe acquietarsi in un “lieto fine”: comunque non sulla scena e sulla storia. Essere out of joint, si tratti dell’essere o del tempo presente, può far male e fare il male, è la possibilità stessa del male. Ma senza l’apertura di questa possibilità, non resta, forse, al di là del bene e del male, che la necessità del peggio. Una necessità che non sarebbe (neanche) una fatalità.»

(J. Derrida, Spettri di Marx, Milano 1994)

 

 

Derrida non percepisce di Amleto il lato donchisciottesco, piuttosto la colpevolezza heideggeriana (cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, Torino 1955). Forse in questo grandioso caso non solo l’uno non esclude l’altro, ma i due lati – che possiamo anche chiamare commedia e tragedia – si esigono a vicenda. Ogni uomo nasce in un mondo di cose fatte: e cosa fatta capo non ha... ora però l’adolescente idea di rimettere tutto a posto come un prima – prima del Male, all’inizio deve per necessità essere a sua volta crimine: questo lo dice Amleto come ogni rivoluzionario onesto almeno quanto lo Spettro di suo padre: Saint-Just, Garibaldi, Trotsky, ecc.… - Ma l’idea di un mondo intero da rimettere a posto è hybris, perdonabile giusto in un parvenu della vita, almeno fin quando codesto parvenu rimanga innocuo e, come un Ortis dal villoso petto, cianci ma non spari, tutto preso al suo sonettar politico, ancora ignaro del rapporto tra agire ed entropia.


 torna a  

 

     torna su