"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

30. Una gora

 


 

OFELIA - E lui si levò si vestì

e il suo usciolo le aprì,

entrò ragazza e mai più ragazza

da quell'usciolo sortì.

(Atto IV, sc. 5)

 

 

 

«OFELIA - Oh, io sono morta pazza, nevvero? Certo che ero un po’ morbosa. Ma un pazzo ben diretto dalla sua pazzia può trovare non sapete quante meraviglie nelle cose più umili, anzi più vili e goffe. Ad esempio, quel fiumiciattolo, quella scheggia d’acqua come i pezzi di specchio che si mettono nei presepi, a fingere uno stagno, un lago; non era un bel fiume, anzi, nemmeno un fiume, una gora, una roggia, un canale interrato e lento; ma per me, pazza ed Ofelia, era una culla, un letto nuziale e un  letto di adolescente, era una coperta calda da tirarsi fin sopra gli occhi, era anche una fucina per foggiare un anello, anzi era proprio l’anello ed io, entrando in quelle acque battesimali, amorose ed inquiete, diventavo grande abbastanza per infilarmi al dito l’argento o forse l’oro bianco di quel fiume, a meno che il fiume non fosse un velo – di monaca, di sposa, di morta – o piuttosto una bara di garza, un sarcofago mobile… Ma anche una casa, una casa tutta distesa a forma di letto, una casa di nascita di amore, di morte, di sonno, di resurrezione. Perché, si sa, una via d’acqua è, appunto, una via, anzi un cavallo, una carrozza d’acqua, ed io l’ho presa di corsa, e da qualche parte devo essere arrivata, altrimenti non saprei nulla della mia morte. Mi dicono che non sono arrivata fino al mare, ma io credo di avere fatta molta strada sul fondo del fiume: è un camminare che non stanca. Cantavo, dite voi? Certo, ero molto felice, era così avventuroso entrare in quel fiume, era così gentile, così lusinghiero; quel fiume mi faceva la corte con calmo sentimento… Eppure era giovane. Ma forse straparlo, io non sono del tutto mondata dai miei deliri, mi piace sempre, da allora, oscillare sull’altalena di un leggero delirio, oh niente di ambizioso, una filastrocca con nomi di fiori, di erbe, di villaggi isolati, di preti apostati, di vecchi libri, di ragazzi mai dimenticati, dei miei nomi alternativi… Ofelia, Amelia, Aurelia, Cornelia, Ilaria… E’ una cosa abbastanza infantile, vero? Ma che pazzia volete mai che sia la mia? Una cosa povera, incolta, blesa, una demenza improvvisata, per andare incontro ad una morte di stracci, una bambola deforme e innocua…»

 

(G. Manganelli, High tea, in Tragedie da leggere, Torino 2005)

 

La voce: lettura di Sara Alzetta

 


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