“Sii
              sottile... crudele... o più sottile!... Menti...
              Ma
              sappi!...”
              (P.
              Valéry, La giovane Parca)
               
               “Bisogna
              falsificare e aggiungervi un tocco di natura”
              (E.
              Degas, Scritti e testimonianze)
                                   
                                   
              1.
              Che Valéry sia stato
              davvero il miglior lettore di se stesso? – Lo scaffale dei suoi
              libri (in Italia non frequentatissimo, tanto che molto di quanto
              è stato usato in questo numero è fuori commercio da tempo) in
              questi anni è cambiato drasticamente, e nel senso che immaginava
              lui:  l’Incompiuta sterminata dei suoi Quaderni
              ha spostato parecchio più in là non solo gli smilzi e levigati
              libretti poetici, ma anche i saggi compiuti, tanto ammirabili
              quanto - prima di tutto ai suoi occhi - provvisori… 
               
              Chissà
              quante volte succederà ancora che l’officina appaia più
              essenziale dei manufatti che ne sono usciti, e il suo bric-à-brac
              e le sue suspense più intriganti. - Tra
              Zibaldoni e Frammenti, opere ricostruite per lacerti sparsi ed
              epistolari, siamo del resto abituati all’opera che non ha avuto
              bisogno di una Forma per riempirci di gioia: proprio per Valéry–
              come si vedrà anche qui - fin troppo. 
               
              Perché
              la laboriosa menzogna di una forma compiuta, questa discontinuità
              definitiva, preziosa come un diamante nella terra,  è per
              lui - come per Degas - la questione
              dell’arte.
               
              
              2.
              Degas, allora, perché Valéry ne sa fare il centro di tutto
              quanto è essenziale. Scabroso e solo, sarcastico e indifferente,
              l’artista che in Degas Danza Disegno
              si conosce è un uomo spigoloso
              e definitivo.
              Virtuoso
              della crudeltà anatomica,  artista di una misoginia sistematica.
              - Eppure si rischia ormai di guardarlo come un decoratore di
              calendari e di scatolette: come per la rivoluzione filologica
              in musica, che qualche decennio fa diede suoni nuovamente secchi e scabri a
              Bach e Mozart, 
              anche qui tornano ad essere nette le dissonanze, gli
              urti, le audacie.
              
 
              Le
              immagini di questo numero sono di fc
              
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