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          novembre 1912. 
          E’
          domenica e Kafka è a letto, chiuso nella sua stanza. La notte aveva
          scritto qualche pagina del Disperso, ma senza soddisfazione.
          Aveva sognato che un postino magico gli consegnava ben due lettere di
          Felice. Rimase allora a letto ad aspettare – i postini lavoravano
          anche di domenica! – un postino meno onirico con lettere più
          palpabili. Lo aspettò vanamente per due ore: con una strana angoscia
          crescente. Nella Mitteleuropea le poste erano celeri: una lettera
          spedita da Felice la sera da Berlino, era a casa di Kafka al mattino
          verso le dieci. 
          L’idea
          dell’uomo-insetto nasce lì, in quell’attesa dolorosa. La sera
          stessa si mise a scriverlo. Come Conrad, che quando fu preso
          dall’idea del Compagno segreto sospese l’annosa scrittura
          di Sotto gli occhi dell’occidente, Kafka lasciò il Disperso:
          all’inizio, immaginava di essere sul punto di inoltrarsi in qualcosa
          che avrebbe inselvatichito al massimo un paio di pagine e una sola
          notte.
          Come
          Conrad la sua storia sul misterioso clandestino, Kafka terminò La
          Metamorfosi, “storia di porte che si aprono e che si chiudono”
          (R. Calasso, K), in venti giorni: il 7 dicembre.