"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 

19.  Della simulazione

 

 


 

«Tra quelle che credeva essere le sue virtù, nessuna Tiberio apprezzava quanto la dissimulazione» (Tacito, Annali, IV, 71)

 

Amleto - …forse d’ora in poi crederò conveniente affettare un umore fantastico..

(Atto I, sc. 5)

 

 

Se la Terra non è più al centro del cosmo, come riconoscere un pazzo? E quelli che almeno simulano coscientemente la follia sono meno pazzi degli inconsulti o affetti di follie esponenziali, illusi di curare – o di approfittare – del male replicandolo come una maschera è la replica di un volto?

Come fidarsi allora di qualcuno? Dice il buffone: «Io riconoscerò la tua assennatezza solo allorquando sosterrai l’opinione di Pitagora, e quando avrai timore di uccidere una beccaccia per paura di spodestare l’anima di tua nonna» (La dodicesima notte, Atto IV, sc. 1). - «Gli uomini dovrebbero essere quello che sembrano; o se no, non sembrare neppure uomini»: bello, peccato che lo dica Iago (Otello, Atto III, sc. 3). La verità è che sopravvivere è mentire, e può essere comodo essere «creduto pazzo» (Tito Andronico, Atto V, sc. 2), come vorrebbe Amleto e come fece uno dei suoi modelli, Bruto («l’apparenza esterna del romano Bruto nascondeva il suo discernimento sotto le sembianze della follia», Enrico V, Atto II, sc. 4).

Ad Amleto non interessa non essere pazzo, vorrebbe solo che la sua follia fosse, come quella di Fortebraccio che va a far morire qualche migliaio di soldati per un pezzetto di Polonia incolta, fattiva. Un Fortebraccio radicalmente consapevole della guerra potrebbe parlare così: «Gli uomini erano proprio quello che mi mancava e voi me li date. Ve ne sono grato; eppure siate certi che è come se metteste armi affilate in mano a un pazzo.», Enrico VI parte I, Atto III, sc. 1). Sincerità che, venendo da un re, non costa niente.

E certo, simulare c’è a chi pesa di più a chi meno, ma nessuno che la eviti: Polonio dice che occorrerà «col volto della devozione e con gesti di pietà inzuccherare lo stesso demonio». Il Re: «Oh, è troppo vero! che cocente sferzata dà questo discorso alla mia coscienza (…) O greve peso!» (Atto III, sc. 1). Ma senza che un così platonico rimorso faccia succedere niente: teatro specchio della vita.


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