"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 


n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

42.  Il trivello

 


 

«Non è debolezza, per esempio, anche la disposizione al volo, che infatti è un oscillare, un incerto muoversi, uno svolazzare? Mio figlio rivela qualcosa del genere. Il padre non si rallegra certo di tali qualità; il loro intento è palesemente la distruzione della famiglia. A volte lui mi guarda come se volesse dirmi: “Ti porterò con me, padre.” E allora io penso: “Tu saresti l’ultimo a cui mi affiderei.” E il suo sguardo sembra replicare: “Ch’io possa almeno essere l’ultimo.”

(F. Kafka, Undici figli)

 

«Amleto, sono il trivello di tuo padre!»

(J. Joyce, Ulisse)

 

«…per liberarmi dall’imperfetta giustizia paterna.»

(W. H. Auden, Il mare e lo specchio)

 

«Crede che ci siano molti padri oggi disposti a morire?»

(G. Manganelli, Il funerale del padre, in  Tragedie da leggere, Torino 2005)

 

  

Meno male che ogni tanto appare uno Spettro a tirarci i piedi nella culla: «occorre quasi sempre una violenta decisione per strappare la coscienza alle sue occupazioni momentanee e forse urgenti e dirigerla sui problemi più generali dell’orientamento. Non facendolo, non acquistiamo coscienza del nostro atteggiamento e perciò non abbiamo una visione del mondo, ma soltanto un atteggiamento inconscio» (C. G. Jung, Psicologia analitica e concezione del mondo, 1928/31).

 

Però, subito l’atroce risveglio da una vita sonnambula, sia pur con franta gratitudine, lo Spettro andrebbe accompagnato alla porta degli inferi e lasciato scivolare giù. Prendiamo Jung alla lettera: qualcosa di Amleto impedisce ad Amleto di dire a suo padre NO. – Però non può neppure schiacciarsi in un SI’ da kamikaze e farsi esplodere pieno di tritolo al centro della reggia di Elsinore. Amleto non può ridursi a un Laerte o a un Fortebraccio. Per certe cose ci si deve nascere. Vorrebbe tanto, ma non è una slavata copia, la citazione, l’“attor giovane” che replica suo padre giovane. - Se lo junghiano “principio di individuazione” – modo specifico per dire cuore antico dell’ethos umano! – nel giovane e affettuoso Amleto fosse andato più avanti e con più forza, Amleto avrebbe detto NO a suo padre. Tutti in fondo faremmo il tifo per questo, se ne esistesse la possibilità. Mentre il giovane è schiacciato in partenza dalla FORZA del padre. Vedi anche l’amletico Adelchi, che, col vantaggio di un paio di secoli, ha quel po’ di chiarezza in più da - almeno da moribondo – vedere che, se la storia e i padri e la politica e la guerra sono l’essere, è nel non essere la grazia. Il non sarebbe la parola chiave. La tragedia di Adelchi e di Amleto è di non essere diversi abbastanza dal padre: di non essere abbastanza il loro non essere. – Il che potrebbe spiegare perché ad esempio Sartre all’inizio di Le parole si rallegri di essere nato orfano, libero dal rischio di restare schiacciato dal corpo immenso del padre.

 

Bisogna sapersi difendere soprattutto da chi ci ama. La mala parte del genitore morto esige la permanenza del comando: vuole che dal suo cadavere dilaghi una metastasi che contamini il figlio. Per questo nel vangelo leggi che Gesù dice al giovane che chiede solo il tempo di seppellire il padre «lascia che i morti seppelliscano i loro morti» perché «nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio» (Vangelo di Luca, 9, 51-62; Matteo8, 22).

 

 

 

«Perdono! Perdono, nevvero babbo? In fondo tu mi conosci…» (J. Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale) e io ti amo. E certo non perché senza di te non sarei niente, ma proprio per questo rimasuglio di me che malgrado te mi resta, per le cicatrici rimaste sul mio povero cuore devoto, per gli strappi con cui ho dovuto svincolarmi dalla tua onesta cecità. Ben più della zampa del famelico lupo è rimasta dalla tua parte della tagliola e mi duole che anche per te queste mie amputazioni siano ferite, come se ci avesse legato – il che però non è mai stato – una carne comune da fratelli siamesi. Fosse stato così, ammetterai che non passava giorno che tu non ti nutrissi un poco di me, che non t’ingrandissi tanto da ridurmi a bivaccare alla tua ombra, riducendomi a un feto grinzoso con la faccia da vecchio e braccia incapaci di tutto.

 

Ora leggo e acconsento: «il Nome del Padre è essenziale alla strutturazione del mondo simbolico: è grazie a lui che il bambino esce dall’accoppiamento con l’onnipotenza materna», Seminari di Jacques Lacan (1956-1959) raccolti e redatti da J. B. Pontalis, Parma 1978). Ammetterai che non è andata così trionfalmente, che la liberazione «dal piccolo circuito (materno) al grande circuito» non si è risolta in un «passaggio» ad altro (Ibid.): un altro che capirai, avendomelo anche tu impedito,  perché non saprei con più chiarezza definire.

 

Acconsento quindi anche a questo: «Amleto è sempre sincronizzato sull’ora dell’Altro» (Jacques Lacan,  Seminario VI, Il desiderio e la sua interpretazione, 1958-59, Roma 1989). E’ chiaro che, malgrado morti e ribellioni, quell’Altro sei tu. Mi accorgo che questo spiega almeno un’altra cosa: perché i miei momenti felici – le ore con gli attori, le sere sprecate tra le taverne di Wittenberg, la scherma - mi abbiano liberato sempre dalla sensazione del tempo. Nella felicità, non ero mai né qui né ora, ma estatico, dimentico di me stesso, e cioè di te.

 

 

Sai quell’inferno da quattro soldi che chiami la tua testa… E’ la dentro che mi senti, no?... Nella tua idea… Là dove sentivi tuo padre… Non è questo che m’hai detto?... Là dove s’è messo a dirti delle cose… Una notte di giugno… Per non fermarsi per degli anni… Con delle pause…»

(S. Beckett, Di’ Joe)

 

 

«Il Super-Io, infatti, è un precipitato psicologico della figura paterna che porta con sé le istanze normative del collettivo. Confrontarsi criticamente con questa parte della personalità, significa imparare a rapportarsi con il mondo esterno da un’angolazione personale e individuale.»

(M. Carotenuto, L’ombra del dubbio. Amleto nostro contemporeneo, Milano 2005)

 

 

«D’altronde – continua – tutto è eredità. E se sapremo essere cinici e naturali finiremo col vederci chiaro.»

(J. Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale)

 

 

«Al padre, alla cosa stessa, non arriviamo mai, il padre è sempre assente o in viaggio, e dal viaggio ci manda le sue cartoline…»

(M. Ferraris, Jackie Derrida. Ritratto a memoria, Torino 2006)

  

 

A – Le regalo il funerale.

B – il funerale?

A – Sì, il funerale, tutto: i parenti, le autorità, i vescovi, i cavalli, le bandiere, i veterani di mille battaglie, i fiori, gli ottoni, il carro, la bara; soprattutto, le regalo mio padre.

(G. Manganelli, Il funerale del padre, in  Tragedie da leggere, Torino 2005)


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