"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 


n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

50.  Ammazzare santi

 


AMLETO - …ora lo farò; e così egli va in cielo…

(Atto III, sc. 3)

 

RE -  Amleto ritorna: che cosa sareste disposto a fare, per mostrarvi figlio di vostro padre in fatti più che in parole?

LAERTE - A tagliargli la gola in chiesa.

(Atto IV, sc. 7)

 

«Il nemico è la personificazione del nostro proprio problema.»

(C. Schmitt, Ex captivitate salus)

 

  

Atto III, sc. 3: Amleto entra e scorge Claudio solo, inginocchiato a pregare. Cosa sia in realtà quella preghiera lo spettatore lo sa bene dal precedente monologo di Claudio: un’inconcludente disperata non preghiera sull’impossibilità di pregare per l’assassino che pretende il condono di Dio senza contrizione e pentimento (“Si può essere perdonati e serbare il delitto?”). Amleto, che si vantò di non credere mai a ciò che solo «sembra» (Atto I, sc. 2), benché filosofo e teologo dei più estremi, accetta subito quell’apparenza come vera: sarebbe come se ci bastasse a commuoverci un capo mafioso in chiesa, magari con sguardi e mani atteggiate a santa Teresa del Bernini? – O forse il Claudio inginocchiato è una rarità? Amleto non lo dice. Viene in mente un famoso ragazzino inginocchiato e rivolto verso il muro: ha le mani con le dita intrecciate, anche se tenute basse, in una preghiera – se lo è – che si può pensare troppo lunga e consueta per essere intensa; lo sguardo però è rivolto verso l’alto, è indefettibile, come preso da una visione: non dev’essere un ragazzino ma un nano perché il volto è del tutto adulto, segnato da occhiaie e con gli inconfondibili baffi del Führer (Maurizio Cattelan, Him 2001).

 

Con tutto l’attuale blablà sui tiranni da uccidere o meno, dove pare non valere più il comandamento di Victor Hugo (tutti andrebbero giustiziati e amen), verrebbe per un istante da chiedersi: lo uccideremmo, e certo la domanda – su un piatto della bilancia il male fatto, sull’altro una posa, è fatua. Tanto più se tra i milioni di morti ci fosse nostro padre…

 

 

Che sia l’Edipo o meno (S. Freud, Interpretazione dei sogni; e poi E. Jones, Amleto e Edipo…) Amleto invece lo salva: lo salva magari perché è capzioso per viltà (per «ben tre quarti», Atto IV, sc. 4); seguendo la lettera, perché non si fida di Dio: «un ribaldo uccide mio padre; e per questo, io, suo figliuolo, questo stesso ribaldo mando in cielo…».

Amleto crede di vedere che, per l’occhio della giustizia divina, Claudio gode ora di una superiorità infinita: «Egli colse mio padre in un atto materiale, sazio di cibo, con tutti i suoi misfatti in pieno fiore, rigogliosi come il maggio» (e qua cita letteralmente lo spettro che si confessò ucciso nel fiore dei peccati…). Se la giustizia di Dio fosse questa, sarebbe ingiusta, perché «secondo i nostri indizi, e il nostro modo di pensare, egli ha un grave peso»… - Indizi e modo di pensare, tra l’altro, è un’espressione così relativizzante, da farci sospettare che neanche la trappola per topi sia stata sufficiente a chiarire. Ma ora ci interessa questa hybris dell’omicida che procrastina un delitto perché lo pretende perfetto al punto da uccidere di Claudio il corpo e l’anima assieme: ucciderlo: «quando egli è ubriaco fradicio, o nella sua furia, o nel piacere incestuoso del suo letto [dunque, come un marito geloso, irrompere sul letto della madre e uccidergli l’amante nel pieno dell’amplesso?], tra il giuoco, le bestemmie…», affinché «la sua anima sia dannata e nera come l’inferno, dov’egli va». – Tra l’altro, sulla vaexata quaestio della religione di Amleto, se il principe crede queste cose, è chiaro che è cattolico (come per esempio sostiene Auden): magari lo è solo per questi cinque minuti, cattolico per non uccidere Claudio. Le religioni sono belle perché, perfino tra Cinque e Seicento, sono funzionali.

 

 

 

Comunque ci si cavilli, la decisione di Amleto di non uccidere il re «è la prima di una serie di scene orribili (fino a IV, iii) in cui Amleto è davvero portatore di negatività e di morte. Egli risparmia Claudio solo per ucciderlo due volte, nel corpo e nell’anima. Questo è un peccato repellente dal punto di vista cristiano, e un errore madornale da quello machiavellico. Amleto non sa quel che fa e lavora a preparare la propria rovina» (N. D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto, Milano 2004).

Si pensi per contrasto che pio omicida sia invece Otello («Non voglio ucciderti senza che la tua anima sia preparata. Dio me ne guardi! No, non voglio uccidere la tua anima.», Atto V, sc. 2)

 

All’opposto Laerte, nel IV Atto (vedi esergo), promette a Claudio che per vendicare il padre Polonio ucciderebbe Amleto anche in chiesa. E certo non pensa nell’iperbole all’anima di Amleto, ma a cosa voglia dire  non rispettare il tabù delle sacre mura.

Claudio, qualche scena prima pseudopregante, assente: «Nessun luogo, infatti, dovrebbe dare asilo all’assassinio; la vendetta non dovrebbe avere alcun confine » (Atto IV, sc. 7).

 


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