"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13, settembre 2007                                         

 

           n. 13 °*°  William Shakespeare: Spettro delle mie brame - fantasmi di Amleto °*° n. 13

 


 

 

74. Victor Hugo

 

 


 

Il successo a teatro di Victor Hugo, come quello di Dumas padre, durò una decina d’anni. Poi, nel 1843, per Hugo ci fu il fiasco terrificante de Les Burgraves. Hugo, da due anni membro della Académie, scriverà per teatro testi senza teatro, a priori irrapprensentabili, da pubblicare postumi nel Théâtre en liberté.

 

Molto tempo dopo, in Shakespeare (1864) leggi: «Shakespeare è la fertilità, la forza, l’esuberanza, la mammella gonfia, la coppa spumeggiante, il tino pieno fino all’orlo, la linfa in eccesso, la lava a torrenti, i germi in vortici, l’abbondante pioggia di vita», ecc. vincendo alla grande la gara per l’iperbole più iperbolica. Ed esce la traduzione dell’omnia di Shakespeare alla quale aveva lavorato il figlio di Hugo per dodici anni, «fedele dal punto di vista filologico, creativa dal punto di vista critico e storico», «quest’accrescimento dispiace a coloro cui giova», «senza eludere nulla, senza omettere nulla, senza smorzare nulla, senza nascondere nulla, senza mettergli il velo là dove è nudo, senza mettergli una maschera dove è sincero, senza vestire la sua pelle per poi mentire…». Così scrive Victor Hugo nella prefazione, e la scommessa è che varrà quanto la versione di Schlegel in Germania. Ma non fu così.


 

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