"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 


n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

55.  Lady D

 

(vaghi dèmoni del demos)

 


 

Claudio- …per il grande amore che gli porta la gente comune.

(Atto IV, sc. 7)

 

«Si sorbiscano pure un Polonio, un qualsiasi filantropo che canti loro: Arricchite!»

(Jules Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale)

 

«Non bisogna essere più proletari dei proletari… E tu, Giustizia umana, non bisogna credersi più forte della Natura. Sì, amici miei, fratelli miei: o lo storico andare a tentoni o la purga apocalittica; o il vecchio buon Progresso o il ritorno allo stato naturale! In attesa, buon appetito e buon divertimento per domani domenica.»

(Ibid.)

 

  

Lady D può essere inteso in diversi modi: intanto nel senso che Amleto, malgrado la lunga università a Wittenberg e poi la luttuosa clausura a corte, dev’essere per il popolo una specie di mito estetico e quindi morale tale è l’idolatria che gli dedicherebbero: la vera Lady D della Danimarca. – Lady D potrebbe essere la Danimarca stessa che non si perita, come vedremo, di desiderare re antitetici contemporaneamente; Lady D quindi anche nel senso di Lady Doxa: la Signora Opinione che cambia idea come abiti la moda.

 

Laerte, aureolato di furia di vendetta, accorre da Parigi alla notizia del padre ammazzato da Amleto. Ha subito con sé un codazzo di scatenati che lo vogliono addirittura re («La marmaglia / lo chiama signore», Atto IV, sc. 5). Irrompe nella reggia quasi fosse già sua e apostrofa il re: perché non hai ancora fatto giustiziare Amleto? («Why you proceeded not against these feats…?»,  Atto IV, sc. 7). - Claudio, olimpico davanti al rischio di ritrovarsi  al primo errore dialettico attraversato come Polonio da una spada, dice due ragioni: Amleto è salvato da due amori «grandi», quello della madre che come si sa Claudio adora, e l’amore che si ostina a dedicargli il popolo: «il grande affetto che ha per lui la gente comune» (Ibid.). – Come abbiamo visto noi stessi, per una Lady D si deve inchinare anche l’altezzosa altezza d’un’Elisabetta.

 

 

Però Laerte ha fatto irruzione nella reggia non difesa perché spintovi a furor di popolino («La marmaglia lo chiama re!»)… Posto anche che sia delle masse come dell’inconscio l’abolizione del principio di non contraddizione, come può la massa, fosse pure una «marmaglia» volere allo stesso tempo che Laerte sgozzi Amleto e che Amleto resti intatto in Danimarca? «La moltitudine, quello stupido mostro dalle innumerevoli teste, sempre discorde e ondeggiante» (Re Enrico IV parte II, Prologo) può certo questo e altro.

 

Sarebbe stata possibile fuori delle mura di Elsinore una guerra di fazioni tra i sostenitori dei due sfortunatissimi giovani? Torniamo al testo: benché sostenuto dalla intrattenibile marmaglia laertista, Laerte non batte ciglio quando Claudio gli argomenta che l’amore della «gente comune» per Amleto anche se polonicida  è tale da piegare la forza di un re: «le mie frecce, di legno troppo leggero / per un vento così clamoroso, / sarebbero ritornate contro il mio arco…».

Che Laerte abbia il dono di essere sufficientemente stupido da credere alle fandonie di un re scenografico e suasivo, è possibile. Ma è bello pensare anche che nel plot del dramma vi sia una falla: una delle tante!, direbbero gli esperti di un dramma che da questo punto di vista è meno esatto di un’Agatha Christie.

 

 

 

Noi come sempre prendiamo tutto alla lettera. E ammiriamo Claudio che, ma era già chiaro, non è un tiranno, e che, come anche Machiavelli insegnò, conosce la forza del consenso. Anche se lo dicesse per scusa improvvisata necessaria a placare e sviare l’orfano energumeno, indubitabilmente, Claudio è un politico comme ils faut. La classe non è acqua: mentre lascia che il popolino sfoghi in clamore una rabbia senza vero oggetto, con poche e brevi domande retoriche fa di Laerte, da suo pronto assassino, il pronto (è il difetto dei pronti di esserlo sempre per qualcosa) e grato «strumento» (Laerte: «That I might be the organ») dei suoi piani… - Claudio anticipa Macbeth anche in questo: non avesse un omicidio alle spalle, non fosse costretto a sprecare energie sempre più goffe per provare a schivarne le conseguenze, sarebbe un buon re: «la Danimarca, sotto Claudio, si direbbe ben governata, né del resto Amleto si preoccupa mai sul serio dello stato della Danimarca…»  (N. D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto, Milano 2004), e anche        questo è tipico delle Lady D: essere popolari e fóttersene dello stato.

 

Claudio è l’opposto di Coriolano, così intransigente e impolitico da dire rovinosamente al popolo quel che si merita solo perch’è vero: «Cosa vorreste avere, cani, che non amate né pace né guerra?» ; «Via, tornate alle vostre case, frammenti!»; «Così avremo mezzo di liberarci di questo fetido superfluo di cittadini.» (Coriolano, Atto I, sc. 1); ecc.

 


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