La
          parola è per Kafka, come in Genesi, l’inizio, e in fondo tutto quanto: non rimanda a una visione, non
          si traduce in qualcos’altro: infinitamente densa, viva e ricca, ha
          tutto in sé. Quando Janouch gli chiese, a proposito del Fuochista,
          primo capitolo e unico pubblicato del Disperso,
          se il protagonista Karl Rossmann fosse modellato su qualcuno, Kafka
          rispose: “Io non disegnai degli uomini. Raccontai una storia. Queste
          sono immagini, soltanto immagini.”
          Cosa
          vorrà dire?
          Per
          chi rifugga dalla mistica dei particolari, questa pagina può finire
          qui. Con gli altri leggiamo come Wagenbach in poche frasi attraversi
          tutta la scrittura di Kafka:
          “Dapprima
          (Preparativi di
          nozze in campagna)
          queste immagini sono descritte minuziosamente e proprio qui si mostra
          ancora una certa povertà, con la quale dalla lingua vengono spremute
          parole il più possibile adeguato all’oggetto. Le proposizioni sono
          unite tra di loro con una profusione di “talvolta”, “spesso”,
          “di tanto in tanto” e specialmente “allora”. Poi la profusione
          della parole, che s’introduceva fra le immagini, si ritrae, le
          immagini si accostano, influenzandosi reciprocamente, associano,
          parallelamente all’associazione del sogno, una catena di nuove
          immagini. La loro relazione reciproca non è tanto causale-induttiva 
          quanto piuttosto apposizionale; l’azione
          è quindi ridotta spesso al
          minimo in molte opere di Kafka.”
          Dal
          Diario
          (1910): “Ogni giorno,
          però, dev’essere diretta contro di me almeno una riga, come ora si
          puntano i cannocchiali sulla cometa.”